I leader dell’Unione europea sono pronti ad aumentare la cooperazione con i turchi se proseguirà nell’attuale percorso di de-escalation. Le posizioni pro e contro la Turchia, le questioni aperte e le grandi partite.
L’Unione europea sta cercando di tracciare un modo per andare avanti nella normalizzazione dei rapporti con la Turchia e nel video vertice del Consiglio europeo di giovedì 25 marzo, presentato come una potenziale resa dei conti su nuove sanzioni verso Ankara, è emersa la volontà di fare il massimo sforzo per riconsolidare i legami con lo strategico vicino sud-orientale.
Nel 2020 i rapporti con Bruxelles sono deteriorati per l’aggressività turca nel Mediterraneo orientale, in particolare per le esplorazioni di gas a ridosso delle coste greche e per l’annosa questione cipriota, con la riapertura della località di Varosha sulla linea verde che divide Cipro del nord (area occupata dalla Turchia) dalla repubblica di Cipro.
Il presidente del Consiglio europeo Charles Michel ha detto che c’è ad oggi “un quadro chiaro e speriamo, speriamo davvero, che sia possibile migliorare le relazioni con la Turchia”. “Ma rimaniamo cauti e rimaniamo attenti”, ha avvertito.
Le conclusioni del vertice parlano di una Unione pronta “a impegnarsi con la Turchia in modo graduale, proporzionato e reversibile per rafforzare la cooperazione in una serie di aree di interesse comune” e i suoi leader potrebbero prendere ulteriori decisioni a giugno. Ma questo avverrà solo se “l’attuale de-escalation è sostenuta e… la Turchia si impegna in modo costruttivo”.
Sul tavolo c’è la prospettiva di soddisfare le ambizioni turche per i colloqui di alto livello, ovvero le mosse preliminari per modernizzare un’unione doganale e progressi verso una potenziale liberalizzazione delle regole sui visti. Michel ha detto che i capi dell’Ue erano in contatto con le autorità della Turchia “al fine di fare una visita, probabilmente in aprile”. Ma le conclusioni dicono anche che l’Ue è pronta a imporre sanzioni “per difendere i suoi interessi e quelli dei suoi stati membri”, se Ankara farà marcia indietro dai suoi adempimenti.
La questione di una Turchia ‘occidentale’
Come è risaputo, in seno al Consiglio europeo, a ‘trazione nazionale’, le posizioni verso la Turchia sono svariate: si passa dai promotori dell’appeasement a quelli della linea dura, in particolare dei i confinanti e storici avversari greci e greco-ciprioti.
Da tempo Grecia e Cipro, dall’approccio ‘bastone e carota’, vorrebbero un atteggiamento europeo più propenso all’uso del legno. Atene e Nicosia si rendono comunque conto che, la sintesi finale delle posizioni dell’Unione, non è altro che il risultato della volontà di tenere un approccio coordinato con gli Stati Uniti, che punta a mantenere la Turchia nell’alleanza occidentale essendo un membro storico della Nato, come del resto la Grecia, che vi entrarono insieme (nel primo allargamento dopo la fondazione) nel 1952.
Da Ankara non c’è certo entusiasmo per le conclusioni del vertice e le richieste dell’Ue sono state di fatto respinte in quanto considerate “grette”, ma si è impegnata a rispondere ai gesti di Bruxelles con “passi positivi”.
Dalla Turchia, del resto, rispondono con altrettanto ‘bastone e carota’. Il ministero degli Esteri ha riconosciuto come sia “stata sottolineata la necessità di un’agenda positiva”, ma contesta il fatto che “il rapporto è stato scritto da un punto di vista unilaterale”.
Bisogna tenere conto però dell’equilibrismo del presidente Recep Tayyip Erdogan, sospeso tra malcontento crescente nel Paese e pressioni nazionaliste (il partito Mhp, vicino ai Lupi grigi, è un alleato di governo), tra la necessità di creare un’area di forte influenza regionale e di non forzare troppo la mano con l’occidente rappresentato da Ue, Usa e alleati.
L’Europa, del resto, non vuole ancora calcare la mano in quanto, da qualche mese, Erdogan ha dato vita a mosse concilianti dopo che erano state congelate nuove e più pesanti sanzioni sulle vicende del Mediterraneo occidentale, nel Consiglio del dicembre 2020.
La ripresa dei colloqui con la Grecia sui confini marittimi contesi (promossi anche dalla Nato ma che non stanno procedendo positivamente) e i piani delle Nazioni Unite per riavviare gli sforzi di pace per Cipro creano i presupposti di un percorso distensivo o almeno di un primo inizio.
Ma i leader europei rimangono profondamente diffidenti nei confronti del ‘sultano’. Le recenti mosse del governo turco di chiudere lo schieramento di opposizione Partito democratico dei popoli (Hdp) filo-curdo e orientato a sinistra sono un pessimo biglietto da visita per i rapporti con l’occidente, come lo è l’accanimento verso i diritti civili, con l’uscita dalla convenzione di Istanbul sulla violenza contro le donne.
Erdogan può contare però su importanti punti di riferimento in Europa, come la cancelliera tedesca Angela Merkel che ricorda di come l’Unione abbia “bisogno di contatti con la Turchia a tutti i livelli”, compreso “parlare sia delle controversie che degli interessi comuni”. “Ora stiamo facendo un primo passo e dando un mandato per sviluppare ulteriormente le relazioni e poi vogliamo prendere decisioni a giugno”, ha detto la numero uno del governo teutonico.
L’altra questione: la Turchia e i migranti
Dunque, i membri Ue sono divisi sul loro approccio alla Turchia, con Cipro, Grecia e Francia che sollecitano la linea dura mentre altri, come la citata Germania o la Bulgaria puntano a dialogare ed esortare Ankara a riavvicinarsi all’Europa.
Qualsiasi ritardo nell’intensificare la cooperazione potrebbe infastidire Erdogan, che ha sollecitato “risultati concreti” dal vertice in una telefonata con i capi dell’Ue Ursula von der Leyen e Michel dello scorso venerdì (19 marzo).
La Turchia sta facendo pressione su Bruxelles per aggiornare un accordo raggiunto cinque anni fa, finalizzato a fermare gli arrivi su larga scala di migranti nell’Ue, molti dei quali in fuga dalla guerra in Siria. Questo in cambio di miliardi di euro in aiuti.
L’Unione si rifiuta di riaprire l’accordo, ma il vertice ha detto alla Commissione europea di presentare una proposta su più fondi per la Turchia per ospitare milioni di rifugiati. Come riporta Euractiv.com, la Bulgaria sta spingendo per un’altra tranche (due di queste sono già state rilasciate) di tre miliardi per la Turchia e mantenere in vita l’accordo del 2016.
“Pensiamo che sia importante continuare a sostenere questa causa umanitaria riguardante i rifugiati siriani in Turchia”, ha detto la von der Leyen mentre, nei giorni scorsi, un rapporto dell’alto rappresentante Ue Josep Borrell ha definito la strategia dell’approccio Ue rispetto ad Ankara.
Nel delineare le aree di cooperazione si è detto anche che l’Unione potrebbe prendere di mira il settore chiave del turismo turco, se verranno intensificate le tensioni. Un diplomatico europeo ha insistito nel dire che ci sarà “una maggiore vigilanza durante i prossimi mesi”, per determinare se la Turchia è all’altezza delle richieste dell’Unione.