Da anni Ungheria e Polonia stanno erodendo lo Stato di diritto. Orbàn è stato il primo e ha agito a lungo indisturbato, protetto dall’appartenenza al Partito popolare europeo, che aveva bisogno di Fidesz per essere il primo gruppo al Parlamento europeo ed esprimere il presidente della Commissione. La sua azione ha fornito il modello poi applicato in Polonia, che ha però trovato una reazione maggiore. Da un lato perché il PiS di Kaczyński appartiene al gruppo sostanzialmente nazionalista ed euroscettico dei Conservatori e riformisti, sostanzialmente all’opposizione nel Parlamento europeo. Dall’altro perché la Corte di Giustizia dell’Unione aveva imparato una serie di lezioni nel precedente tentativo di contrastare la deriva autoritaria di Orbàn.
Quando Orbàn decise il prepensionamento dei giudici, la Corte di Giustizia Ue bocciò la norma, ma la sentenza arrivò dopo 2 anni. Nel frattempo i giudici erano andati in pensione e potevano scegliere se rientrare in organico o rimanere in pensione con un sostanzioso bonus. Ben pochi tornarono. Orbàn aveva perso giuridicamente ma vinto politicamente, riempito i tribunali di magistrati fedeli e sottoposto i vertici a nomina ministeriale, abolendone l’indipendenza. Seguirono poi una serie di leggi liberticide nei confronti di società civile, media e università.
Con la Polonia la Corte di giustizia ha imboccato un’altra strada: in attesa della sentenza definitiva ha emanato delle misure provvisorie di sospensione delle norme polacche in quanto potevano arrecare un danno irreversibile a principi e diritti fondamentali dell’Unione. Il governo polacco ha ignorato tali misure, che pure sono giuridicamente vincolanti. Così come ha ignorato le sentenze della Corte suprema che considerava illegittima il nuovo Tribunale costituzionale, poi usato dal governo per avallare nuove norme che modificavano la Corte suprema allargandone enormemente la composizione permettendo al governo di nominare un numero di nuovi giudici sufficiente ad avere sempre la maggioranza. Infine ha creato una camera disciplinare della Corte suprema, chiamata a sanzionare i giudici che tentavano di applicare le norme europee o che ricorrevano alla Corte di giustizia Ue. La Corte di giustizia Ue è stata ripetutamente chiamata in causa da giudici e tribunali polacchi sanzionando l’illegittimità del nuovo assetto del giudiziario polacco dal punto di vista del diritto europeo, oltre che del diritto interno alla luce delle sentenze iniziali della Corte suprema. E molti Paesi europei hanno smesso di cooperare e addirittura di estradare in Polonia perché non è più garantito un processo equo e imparziale.
Il governo polacco ha sempre ignorato le sentenze e le misure provvisorie della Corte ed ha tirato dritto. Finora. Perché la Commissione ha bloccato l’esborso dei fondi del Next Generation Eu – che sono legati al rispetto dello Stato di diritto e al recepimento delle raccomandazioni della Commissione, che nel caso polacco si concentrano sullo stato di diritto e sul rispetto delle norme europee e delle sentenze della Corte di giustizia Ue – chiedendo chiarimenti sulle intenzioni del governo polacco. La risposta è stata dapprima un impegno a non sottoporre nuovi casi alla camera disciplinare, ed ora a modificarla, ovvero “abolirla nella sua forma attuale” nel quadro del processo di riforma del giudiziario portato avanti dal governo. Il tutto condito dalla richiesta alla Corte di giustizia di annullare le sue misure provvisorie, unito alla rivendicazione della prevalenza della Costituzione polacca sul diritto europeo sul tema in oggetto in virtù della tesi provocatoria che la prevalenza del diritto dell’Unione si applichi soltanto nelle materie in cui l’Ue ha una competenza esclusiva – cioè commercio, concorrenza e pesca, e politica monetaria per i Paesi aderenti all’eurozona – contrariamente a quanto previsto dai Trattati e dalla giurisprudenza della Corte.
La disputa si colloca in un contesto in cui il premier polacco Morawiecki ha chiesto al Tribunale costituzionale di valutare la compatibilità di alcune parti dei Trattati Ue con la Costituzione polacca; il ministro della Giustizia Ziobro ritiene che la Polonia non debba applicare le sentenze della Corte di giustizia, e che non deve stare nell’Ue ad ogni costo e che la Convenzione europea dei diritti umani viola la Costituzione; e il ministro dell’Istruzione Czarnek vuole riformare la scuola per insegnare che l’Ue è un’organizzazione illegale e auspica una legge anti-LGBT* simile a quella ungherese. L’isolamento polacco è accentuato dallo scontro con Usa e Israele causato dalle norme appena approvate volte a chiudere il canale di News indipendente TVN24, di proprietà dell’americana Discovery, e a impedire ai superstiti dell’Olocausto e ai loro eredi di avere accesso a beni loro sottratti o a compensazioni per gli stessi.
Lo scontro riguarda valori e diritti fondamentali dell’Ue e quindi anche il futuro dell’Unione e dei suoi strumenti a tutela dei cittadini. Dunque è destinato a protrarsi e probabilmente a influire sulla situazione politica polacca e sulle prossime elezioni.