La nazione caucasica sta subendo la forte diffusione della propaganda anti-occidentale diffusa sui mezzi di informazione tradizionali e sui social. Meno anti-europeismo rispetto agli anni scorsi, ma gli appelli per un partenariato con l’Ue sono caduti nel vuoto.
Secondo un recente rapporto i messaggi anti-occidentali in Georgia sono raddoppiati. È stato rilevato un particolare aumento dei messaggi anti-americani e anti-Nato legati al sostegno degli Stati Uniti sulle questioni di sicurezza e all’integrazione del Paese post-sovietico nell’alleanza transatlantica.
Secondo la Media development foundation (Mdf) di Tbilisi, una Ong che promuove i diritti umani e l’alfabetizzazione mediatica, rispetto al 2016, l’indicatore dei messaggi anti-occidentali è aumentato da 1.258 a 2.769 nel 2019.
Il quinto rapporto annuale, che ha analizzato i contenuti diffusi sia sui media tradizionali, sia su Facebook, ha rilevato che “l’aumento dei messaggi anti-Nato può essere attribuito a una campagna aggressiva sulla neutralità della Georgia, condotta dal partito politico filo-russo Alleanza dei patrioti”. La Georgia è in lizza per l’ingresso nell’Alleanza nord atlantica (anche se non si sa quando) e questo è visto come fumo negli occhi dalla Russia. I problemi tra Mosca e Tblisi, culminati nel conflitto russo-georgiano del 2008, uno dei momenti più vicini ad un terzo conflitto mondiale dalla fine della Guerra fredda Usa-Urss, sono rimasti più che irrisolti. Da quel momento le due regioni secessioniste di Ossezia del Sud e Abkhazia sono definitivamente perse, ma la Georgia non ne vuole sapere di una influenza del Cremlino sul resto del Paese.
Sono stati selezionati media mainstream e tabloid, notizie giornaliere in prima serata e programmi analitici settimanali su quattro canali televisivi, Talk-show di cinque canali televisivi, quattro quotidiani e poi media online. Le pagine Facebook e i gruppi antiliberali e pro Cremlino sono stati monitorati attraverso lo strumento di analisi CrowdTangle e i contenuti falsi o manipolativi sono stati verificati tramite il portale di fact-checking di Mdf, Myth Detector.
“Sono aumentate le dichiarazioni a sostegno della Russia, che hanno veicolato messaggi sulla necessità di risolvere i conflitti attraverso il confronto diretto con il Cremlino”. Rispetto agli anni precedenti, si è registrato un notevole incremento di messaggi che esprimono l’idea che non ci siano alternative al negoziato con il vicino a nord, oltre che dei messaggi che idealizzano l’Unione Sovietica e i regimi autoritari.
È stato rilevata anche la diffusione anche l’idea di una straordinaria missione della Russia come paese cristiano ortodosso. Diverse fonti poi sostengono che l’Occidente usi la propaganda anti-russa per promuovere la propria agenda politica.
Non sono stati osservati cambiamenti né negli atteggiamenti né nei messaggi nei confronti delle Ong e del fondatore della Open Society Foundation, George Soros. La maggior parte dei messaggi analizzati sostenevano che il filantropo statunitense si intromette negli affari interni della Georgia e combatte contro l’identità tradizionale.
Per quanto riguarda invece i messaggi anti-Ue, è stato rilevato che sono rimasti invariati nei numeri e nei contenuti rispetto agli anni precedenti, mostrando in realtà una leggera diminuzione a partire dall’introduzione dell’esenzione dal visto per la Georgia nel 2017.
I messaggi che però possiamo ricomprendere come euroscettici sono stati molti, e sono stati veicolati soprattutto dai media, ma anche dai partiti, dalle organizzazioni e dal clero, anche se in misura minore.
Gli appelli di tre paesi del Partenariato orientale (Po) che hanno firmato accordi di associazione e accordi di libero scambio approfonditi e completi con l’Ue – Georgia, Moldavia e Ucraina -, per la creazione di uno status speciale adeguato alla loro ambizione di entrare un giorno nell’Unione, sono finora caduti nel vuoto a Bruxelles.
Nell’agosto del 2019 la Presidente georgiana Salome Zurabishvili aveva addirittura detto che si può essere europei, comportarsi da europei, seguire le leggi dettate dall’Unione europea anche senza farne parte.