La tragedia afghana mette gli europei di fronte ad una serie di problemi e di processi di cui prendere consapevolezza e da cui trarre delle conseguenze operative. I problemi riguardano la possibilità che l’Afghanistan torni ad essere una base per il terrorismo internazionale, e il possibile nuovo flusso di richiedenti asilo da quel Paese.
La consapevolezza riguarda il fatto che gli USA continueranno ad agire in base ai propri interessi – e quindi soprattutto della sfida egemonica con la Cina – e che al più informeranno gli alleati delle loro scelte, piuttosto che condividerle con loro. Da ciò i ricorrenti dubbi sull’adeguatezza della NATO come unico strumento di difesa dell’Europa. E la necessità per gli europei di rendersi maggiormente in grado di agire sul piano militare da soli quando i loro interessi sono in gioco e gli USA non sono disponibili ad operare con loro.
C’è voluta una crisi militare gravissima per riportare l’agenda europea al punto che avrebbe dovuto essere centrare secondo la Presidente von der Leyen, che nel presentare il proprio programma al Parlamento europeo aveva dichiarato che la sua sarebbe stata una Commissione geopolitica. La pandemia ha spinto l’agenda europea altrove, nonostante dalla Bielorussia all’Ucraina, dal Medio Oriente al nord Africa le crisi geopolitiche circondino l’Europa. La crisi afghana rimette il tema al centro e spinge Borrell a chiedere uno strumento militare europeo per far fronte alle varie crisi. Il Presidente Mattarella ha parlato della necessità di una sovranità europea condivisa. In nessun campo è più urgente che nella politica estera, di sicurezza e difesa.
Negli ultimi giorni una serie di interviste di esponenti del governo italiano – come il Sottosegretario Amendola e il Ministro Guerini – così come del generale Graziano, che guida attualmente il Comitato Militare dell’Unione Europea, invocano la necessità di procedere sul piano dell’integrazione europea nel campo della difesa. Lo stesso richiamo arriva dalla Germania, anche da parte di candidati alla cancelleria, che già durante tutta la presidenza Trump aveva sostenuto questa linea con costanza.
Sono prese di posizione importanti, cui devono seguire fatti concreti dopo le elezioni tedesche di settembre e le presidenziali francesi di primavera. Il calendario elettorale coincide con la Conferenza sul futuro dell’Europa, da cui può arrivare una spinta importante all’apertura di un processo di riforma complessiva dell’Unione.
Perché per creare una capacità militare e civile europea nel campo della difesa serve da un lato un’integrazione concreta sul campo, incluso quello industriale, ma anche meccanismi istituzionali e decisionali adeguati. Superare l’unanimità in materia di politica estera, sicurezza e difesa è certamente indispensabile, ma non basta. Si pone nuovamente il problema che si era posto negli anni ’50 quando si progettò la creazione di una Comunità Europea di Difesa: non si può avere un esercito europeo, uno strumento di difesa europeo, senza creare anche un governo federale europeo in grado di decidere se, come, e quando impiegare tale strumento. Per questo l’Italia con Spinelli e De Gasperi chiese di affiancare la Comunità Politica Europea alla Comunità Europea di Difesa. Lo strumento militare è al servizio di una politica estera, che non può che essere espressione di un governo.
Nelle more delle elezioni tedesche e francesi può toccare ancora e solo all’Italia il compito di porre la questione cruciale dell’unione politica europea, che va rilanciata nell’ambito della Conferenza sul futuro dell’Europa. Per dotare finalmente l’Unione di una capacità d’agire nel campo della politica estera di sicurezza e di difesa serve un vero governo federale europeo. A 80 anni dal Manifesto di Ventotene e 71 dalla Dichiarazione Schuman è tempo di raggiungere il traguardo indicato dai padri fondatori.