Tassa sul carbonio alle frontiere: un distacco dagli obiettivi economici e ambientali dell’UE

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Il 7 giugno il Parlamento europeo esprimerà il suo voto finale sulla proposta del meccanismo di aggiustamento delle frontiere per il carbonio (CBAM) [zstock / Shutterstock]

Il 7 giugno il Parlamento europeo esprimerà il suo voto finale sulla proposta del meccanismo di aggiustamento del carbonio alle frontiere (CBAM). Questa sarà l’ultima occasione per il Parlamento e il Consiglio dell’UE per mettere a punto il meccanismo e garantire il raggiungimento dei suoi obiettivi finali. Allo stato attuale, il CBAM manca delle disposizioni necessarie per prevenire efficacemente la riallocazione delle emissioni di carbonio nei prodotti a valle, stimolando potenzialmente il trasferimento delle emissioni di carbonio, della produzione e degli investimenti al di fuori dell’Europa. In altre parole, incentivando la delocalizzazione industriale.

Paolo Falcioni è direttore generale di APPLiA, l’associazione di categoria che rappresenta i produttori di elettrodomestici in Europa.

Mettere un prezzo al carbonio non è un compito facile. Negli ultimi due decenni, l’Europa è diventata leader mondiale nelle politiche di tariffazione del carbonio con lo sviluppo del suo sistema di scambio di emissioni (EU-ETS), il primo e più grande mercato vincolante del carbonio mai realizzato. Per i settori considerati “a rischio di riallocazione delle emissioni di carbonio”, è stato introdotto un sistema di quote gratuite per garantire posti di lavoro e investimenti in Europa. A tal proposito, le quote gratuite del sistema ETS sono servite a preservarne la competitività e a garantire una transizione economica equa e graduale verso un’economia decarbonizzata.

Il meccanismo proposto dall’UE mira a replicare il prezzo del carbonio europeo sui beni importati, in modo che i produttori europei e i concorrenti internazionali paghino lo stesso prezzo per il carbonio, indipendentemente dal luogo di produzione. In poche parole, il CBAM aspira ad allineare gli obiettivi sempre più ambiziosi dell’UE in ambito ambientale con il commercio globale, nel tentativo di far diventare l’UE un leader mondiale nella corsa verso la neutralità climatica.

Il CBAM è tuttavia un esperimento le cui esternalità hanno bisogno di essere valutate con attenzione. Come indicato nella Valutazione d’impatto, il meccanismo è stato concepito per le materie prime e l’elettricità, mentre l’inclusione di prodotti finiti è stata scartata a causa della complessità amministrativa. Si parla di prodotti finiti fabbricati con le stesse materie prime coperte dal CBAM e che in questo modo diverrebbero meno competitivi, se fabbricati nell’UE, rispetto a prodotti equivalenti fabbricati al di fuori dell’UE.

Prendiamo il caso di una lavatrice prodotta in Europa. Il costo delle emissioni di carbonio si applicherà all’alluminio, al ferro e all’acciaio utilizzati nel processo di produzione, sia che questi siano stati forniti nell’UE (soggetti all’EU-ETS) sia che siano stati importati da altri Paesi (soggetti al CBAM). Tuttavia, la stessa lavatrice prodotta al di fuori dell’Europa non sarà soggetta né all’EU-ETS né al CBAM.

Tale scenario non solo non raggiunge gli obiettivi fissati dal Green Deal europeo, in quanto non riduce le emissioni di CO2 al di fuori dell’UE, ma influisce negativamente sulla concorrenza europea, creando un incentivo alla delocalizzazione industriale e mettendo di conseguenza a rischio le esportazioni dell’UE. Complessivamente, i produttori con sede nell’UE dovranno affrontare un aumento di almeno il 5-10% dei costi di produzione per produrre una singola lavatrice.

Lo stesso aumento dei costi non sarà affrontato dallo stesso produttore con uno stabilimento situato al di fuori dell’UE. Pertanto, non si tratta semplicemente di “assorbire” i costi aggiuntivi, ma piuttosto di stabilire dove produrre la prossima lavatrice: all’interno dell’UE con costi aggiuntivi o al di fuori dell’UE?

Una proposta legislativa complementare per affrontare la riallocazione delle emissioni di carbonio nei prodotti a valle nella catena di produzione

Per rendere il CBAM adatto allo scopo, è indispensabile attuare una proposta legislativa complementare che affronti adeguatamente i prodotti a valle nella catena di produzione e che, in ultima analisi, preservi la competitività dell’industria manifatturiera dell’UE sui mercati globali. In sostanza, i prodotti a valle sono più complessi delle materie prime e richiedono quindi una metodologia adeguata. La proposta legislativa complementare dovrebbe rispondere alle seguenti domande:

  • Campo di applicazione e definizioni: come identificare correttamente i prodotti a valle a rischio di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio?
  • Calcolo delle emissioni incorporate: come misurare i livelli relativi di intensità di carbonio (e quindi il relativo costo del carbonio da applicare)?
  • Tracciabilità della catena del valore: a quale punto della catena del valore si dovrebbe applicare il CBAM?
  • Metodi di rendicontazione: come potrebbero essere proporzionati e coerenti, considerando la diversità delle attività a valle?
  • Compatibilità con l’OMC (Organizzazione Mondiale del Commercio): formalmente, il CBAM si applica solo a specifiche categorie di beni già coperti dall’EU-ETS, cosa che non avviene per molti tipi di attività a valle. Come garantire la coerenza con le regole dell’OMC?
  • Misure aggiuntive: oltre al carbon pricing, quali altre possibili misure dovrebbero essere aggiunte per facilitare la relativa progressione “dal marrone al verde” nei Paesi terzi?

A questo proposito, la Commissione ENVI del Parlamento europeo propone di estendere il campo di applicazione del CBAM ai prodotti a valle, attraverso atti delegati. Tuttavia, si tratta di una risposta incompleta a una questione dalle mille sfaccettature, che rischierebbe semplicemente di “nascondere la polvere sotto il tappeto”. In questo caso, una semplice estensione dell’ambito di applicazione ai prodotti a valle non affronta adeguatamente la complessità del settore. È invece necessario che questi siano chiaramente definiti e sottoposti a una metodologia ad hoc.

Il metodo di calcolo del rischio di riallocazione delle emissioni di anidride carbonica definito nell’art. 10b della Direttiva EU-ETS potrebbe servire come linea guida per individuare i prodotti a valle a rischio di riallocazione delle emissioni di carbonio, in modo simile a quanto è stato fatto per le materie prime nel corso degli anni.

I livelli relativi del commercio globale e dell’intensità delle emissioni potrebbero rivelare i settori a valle maggiormente esposti alla concorrenza extra-UE. È qui che entrerebbe in gioco l’introduzione di una proposta legislativa complementare per prevenire la riallocazione delle emissioni di carbonio nei settori interessati, salvaguardando al contempo i posti di lavoro e la competitività industriale dell’UE.