La banca centrale cinese (PBC) sta lavorando assieme all’Unione Europea per far convergere le tassonomie degli investimenti verdi sui mercati europei e cinesi, così da creare entro la fine del 2021 un sistema di classificazione delle imprese congiunto.
La notizia è stata diffusa mercoledì 7 aprile dal Financial Times, che ha riportato le dichiarazioni del governatore della PBC, Yi gang, al China Development Forum che si è svolto dal 20 al 22 marzo scorsi. Secondo Yi, l’obiettivo della banca centrale cinese per i prossimi cinque anni è quello di mettere in campo e standardizzare un sistema di finanza green in Cina, e di coordinarlo con quelli implementati dagli altri partner globali.
Inoltre, il governatore della PBC ha ribadito che la Cina ha il compito “urgente” di raggiungere il picco delle emissioni di carbonio entro il 2030, e di arrivare alle emissioni zero nel 2060, come promesso dal presidente Xi Jinping nel settembre scorso. Per riuscirci, Yi ha spiegato che la Cina sta collaborando con l’UE per arrivare a una sempre maggiore convergenza delle rispettive tassonomie della finanza e degli investimenti verdi, e ha aggiunto che questo tema – così come l’adozione di una classificazione green riconosciuta a livello globale – sarà discussa al prossimo G20 che si terrà in ottobre a Roma.
Nel corso del vertice, la PBC prevede di creare un gruppo di studio sulla finanza sostenibile a guida congiunta, con il dipartimento al Tesoro statunitense come co-presidente, per coordinare la realizzazione di una tassonomia comune della finanza sostenibile. “Approfondiremo la cooperazione con l’Italia, gli Stati Uniti e altri membri del G20”, ha detto Yi, “per discutere e progettare una road map generale della finanza sostenibile, e per ulteriori discussioni con varie parti su argomenti come la rendicontazione, la divulgazione, e la tassonomia verde”.
L’impegno cinese è arrivato a poca distanza dall’entrata in vigore del Sustainable Finance Disclosure Regulation (SFDR), il regolamento dell’UE che obbliga aziende, fondi d’investimento, assicurazioni e fondi pensione che forniscono prodotti o servizi finanziari nell’Unione europea, a rivelare quanto sono realmente sostenibili, classificando i loro prodotti in base al loro impatto ambientale e sociale.
Da questo punto di vista, il settore finanziario cinese è ancora indietro rispetto a quello europeo: nel 2019 – scrive sempre il FT – l’Asset Management Association of China, l’ente di autoregolamentazione dei fondi d’investimento di Pechino, ha chiesto agli asset manager del paese un’autovalutazione sulle loro pratiche di investimento verde, ma finora solo il 40% delle società di venture capital ha incluso nella propria pianificazione strategica gli investimenti verdi.
In Cina, comunque, il settore della finanza green sta crescendo rapidamente, e i gestori di asset del paese stanno spingendo per sviluppare sistemi di rating e classificazione tagliati per il mercato domestico. Al di là del dibattito in sede comunitaria sulla nuova tassonomia europea, ancora tutt’altro che chiuso, è probabile che l’UE possa raggiungere un punto di convergenza con la autorità cinesi in vista dei comuni obiettivi su fronte della riduzione del riscaldamento globale.