Questo articolo fa parte dello Special Report Agricoltura sostenibile in Italia: sfide e soluzioni per il futuro.
La tenuta “La Falchetta”, in Piemonte, è un esempio lampante di come un impianto biogas possa essere in armonia con l’ambiente e favorire un sistema di produzione all’insegna della circolarità.
La produzione di energie rinnovabili da scarti vegetali e da reflui zootecnici può dare un apporto fondamentale all’uscita dai combustibili fossili e favorire il passaggio a un’economia circolare. Gli esempi di realtà agricole italiane che, investendo sul biogas, hanno intrapreso questa svolta sono numerosi. Uno dei più significativi e longevi è quello dell’azienda agricola “La Falchetta”, che si trova all’interno del Parco La Mandria, un parco storico di 3.000 ettari, che dal XVI secolo fu luogo di caccia e allevamento di cavalli della corte Sabauda.
La produzione dell’azienda agricola, associata a Confagricoltura, dal 2010 è alimentata da un impianto a biogas, completamente armonizzato nell’ambiente, che è stato premiato alla Fiera Bio Energy di Cremona nel 2011 col 1° premio nella categoria Best Practices sotto l’egida di Lega Ambiente, Cremona Fiere, Chimica Verde, ANCI, DLG Int, e in occasione della Fiera Eco Mondo di Rimini del 2011 col 1° premio Sviluppo sostenibile fra le migliori imprese nel settore energia.
“L’impianto è stato concepito per rendere completamente autonoma l’azienda in un’ottica di economia circolare. Funziona a reflui zootecnici e sottoprodotti aziendali, genera corrente elettrica e biofertilizzante che ha portato all’annullamento della concimazione chimica. Inoltre consente di coprire completamente i fabbisogni di riscaldamento e raffrescamento dell’azienda”, spiega il titolare Riccardo Ferrero. Il progetto, essendo inserito in un’area protetta, è stato accompagnato da Valutazione di incidenza ecologica e l’impianto è parzialmente interrato e schermato da filari da tre lati in modo da ridurne al minimo l’impatto visivo. “Oggi come oggi abbiamo ulteriormente implementato la gestione dell’impianto con un bilancio energetico globale dell’azienda e siamo quasi carbon negative”, continua Ferrero.
L’impianto di biogas ha una potenza di 625 kW ed è alimentato per il 60% dai reflui dall’allevamento aziendale e per il 40% da biomasse (insilati di cereali primaverili, autunno vernini, borlanda di frumento e biomasse liquide) e sottoprodotti.
Nell’azienda agricola le concimazioni dei terreni vengono fatte con il digestato, il biofertilizzante ricco di sostanza organica e nutrienti proveniente dall’impianto di biogas. Con il tempo questo ha permesso di ridare la giusta quantità di nutrimento alla terra e di ridurre progressivamente sia i fertilizzanti di sintesi sia i trattamenti antiparassitari e i diserbanti. “Un ritorno alla concimazione organica ben gestito e su ampia scala, come abbiamo fatto finora, nel lungo periodo diventa molto redditizio, perché migliora l’ambiente naturale e di conseguenza anche la qualità della produzione”, sottolinea il titolare de “La Falchetta”. “All’interno dell’azienda gestiamo una foresta di 45-50 ettari, è una delle ultime foreste planiziali che abbiamo – dice Ferrero – .Negli ultimi 10 anni abbiamo piantato qualcosa come 30.000 piante. Lo abbiamo fatto senza alcun incentivo, ma il beneficio in questi casi è sempre superiore al costo”.
Malgrado l’imprenditore sia fermamente convinto che quello in favore dell’ambiente sia un investimento fondamentale per un agricoltore, ricorda che la tariffa onnicomprensiva è stata un incentivo decisivo per l’avvio dell’impianto di biogas della sua azienda. “È impensabile chiedere all’agricoltura di salvaguardare l’ambiente senza che vi siano dei ritorni su questo. A questo tema bisogna dare il giusto peso”, osserva Ferrero. Se si vuole che gli agricoltori investano sulle rinnovabili e in particolare sulle biomasse, non bisogna intervenire solo sul fronte degli incentivi ma anche sulle tempistiche. “Per ottenere il permesso per costruire l’impianto di biogas e spiegare cosa volevamo fare abbiamo passato tre anni in conferenza di servizi – ricorda il titolare de “La Falchetta” – . Servono tempi più snelli per raggiungere gli obiettivi che ci siamo prefissati e norme chiare su cosa si può e cosa non si può fare”.
L’Italia è il quarto paese produttore di biogas agricolo dopo Germania, Cina e Stati Uniti e, secondo il Consorzio italiano biogas (CIB) ha le potenzialità per diventare primo per numero di impianti di Bio-GNL installati. Gli impianti a biogas di piccola taglia utilizzati in molte aziende agricole per la cogenerazione di elettricità e di calore hanno costi relativamente ridotti a fronte dell’alta redditività. Un’attuazione efficace delle misure contenute nel Pnrr, che prevede di arrivare a una produzione di biometano per 4 miliardi di metri cubi entro il 2026 e di 6 miliardi nel 2030, può permettere alle aziende agricole di esprimere il proprio potenziale in questo settore e di continuare a crescere, abbattendo allo stesso tempo le proprie emissioni di CO2.