L’Unione Europea intende andare avanti sulla tassazione sui servizi digitali di aziende come Google, Amazon, Facebook o Apple e, se necessario, lo farà senza gli Stati Uniti.
“Mi dispiace molto per la mossa degli Stati Uniti di mettere un freno ai colloqui internazionali sulla tassazione dell’economia digitale. Spero che questa sia una battuta d’arresto temporanea piuttosto che definitiva”, ha dichiarato il commissario europeo all’Economia Paolo Gentiloni. “La Commissione europea vuole una soluzione globale e crediamo che l’approccio a due pilastri dell’Ocse sia quello giusto – ha continuato Gentiloni – Ma se quest’anno questo si rivelerà impossibile, presenteremo una nuova proposta a livello europeo”.
Gli Stati Uniti hanno annunciato il ritiro dai negoziati tramite una lettera inviata ai ministri dell’Economia di Italia, Francia, Spagna e Regno Unito. Nella missiva il segretario al Tesoro Steven Mnuchin affermava che i negoziati sulla tassa digitale erano giunti ad un punto morto, esprimendo una certa contrarietà a concordare modifiche alla legislazione fiscale globale che interesserebbero i giganti del web americani. “Questo è un momento in cui i governi del mondo dovrebbero concentrare la loro attenzione sulla gestione dei problemi economici generati da Covid-19”, si leggerebbe in un passaggio della lettera, secondo quanto riportato da alcuni organi di stampa.
L’irritazione di Le Maire
Per la Francia la decisione di Washington di ritirarsi dai negoziati è una “provocazione”. Il ministro delle Finanze francese, Bruno Le Maire, non nasconde l’irritazione per la decisione dell’amministrazione Trump e assicura che Parigi applicherà l’imposta quest’anno nonostante le obiezioni degli Stati Uniti.
Le Maire ha spiegato che Francia, Gran Bretagna, Italia e Spagna hanno risposto congiuntamente alla lettera di Mnuchin, che annunciava la decisione di ritirarsi dai negoziati. Politico riferisce che il rappresentante commerciale statunitense Robert Lighthizer, intervenendo a un’audizione della House Ways and Means Committee, ha spiegato che l’amministrazione americana ha deciso di allontanarsi dai colloqui in corso perché “non stavano facendo progressi” su un accordo multilaterale sulla tassazione dei servizi digitali. Secondo la Francia e gli altri Paesi europei che hanno firmato la lettera invece c’erano stati importanti passi avanti.
Gualtieri: “La nostra posizione non cambia”
“La posizione dell’Italia sulla digital tax non cambia”, afferma su Twitter il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri. “Abbiamo sempre sostenuto l’importanza di una soluzione globale – sottolinea il ministro – e, nonostante l’emergenza Covid-19, con Francia, Spagna e Gran Bretagna siamo determinati a continuare a lavorare per una soluzione entro il 2020, come deciso dal G20”.
La posizione spagnola
Anche il governo spagnolo ha fatto sapere di non aver alcuna intenzione di modificare o sospendere l’iter del disegno di legge in discussione in Parlamento che prevede la tassazione di alcuni servizi digitali, conosciuta anche come “tassa Google”, grazie alla quale Madrid potrebbe incassare circa 968 milioni di ero all’anno. Fonti del ministero delle Finanze hanno spiegato al quotidiano spagnolo Cinco Dias che il percorso legislativo andrà avanti e che la tassa non “guarda alle bandiere né va contro alcun Paese”. Le stesse fonti hanno confermato che il ministro delle Finanze, María Jesus Montero, ha ricevuto insieme ai suoi omologhi in Francia, Regno Unito e Italia, una lettera del segretario del Tesoro degli Stati Uniti, Steve Mnuchin.
Le minacce di Trump
Ai primi di giugno l’Ufficio del rappresentante al commercio americano Robert Lighthizer (Ustr) ha annunciato la apertura di una nuova indagine sulle tasse sul digitale adottate o in corso d’esame in Austria, Brasile, Repubblica Ceca, Unione europea, India, Indonesia, Italia, Spagna, Turchia e Regno Unito. L’Ustr valuterà se le tasse in questione intendono discriminare i giganti tecnologici americani come Apple, Google e Amazon.
Un’analoga inchiesta era stata avviato lo scorso dicembre nei confronti della web tax francese, che era stata giudicata discriminatoria. Il presidente americano Donald Trump aveva minacciato di introdurre dazi su formaggi, champagne, borse e profumi se la Francia non avesse eliminato questa tassazione. Dopo un lungo negoziato tra il segretario del tesoro americano Steven Mnuchin e il ministro all’economia Bruno Le Maire, Parigi aveva accettato di sospendere la tassa fino alla conclusione dei colloqui in sede Ocse sulla riforma del fisco internazionale.