Il Parlamento europeo ha bloccato giovedì 20 maggio la ratifica del nuovo accordo sugli investimenti con la Cina fino a quando Pechino non revocherà le sanzioni nei confronti di alcuni esponenti politici dell’Ue: una decisione che accresce la distanza nelle relazioni sino-europee, e nega alle imprese dell’Unione la possibilità di un maggiore accesso al mercato cinese.
La risoluzione per congelare la ratifica dell’accordo è stata approvata con 599 voti favorevoli, 30 contrari e 58 astensioni.
🇪🇺🇨🇳BREAKING:
Huge majority in the @Europarl_EN to freeze the EU – China Investment Agreement, until the sanctions imposed by the Chinese authorities on European politicians are lifted. R.I.P. #CAI
MEPs express full solidarity with 🇬🇧🇨🇦🇦🇺🇺🇸 politicians also targeted. pic.twitter.com/4hjiwxMta7
— Guy Verhofstadt (@guyverhofstadt) May 20, 2021
L’accordo globale Ue-Cina sugli investimenti, concluso dai negoziatori a dicembre 2020 dopo sette anni di colloqui, mirava a mettere le aziende dell’Ue che operano in Cina su un piano di parità rispetto a quelle cinesi, e a consolidare lo status di Pechino come partner commerciale di fiducia dell’Unione.
Lo scorso marzo, tuttavia, il governo cinese ha imposto sanzioni a 10 esponenti politici dell’Ue, ad alcuni think-tank e organismi diplomatici, come risposta alle sanzioni occidentali contro i funzionari cinesi accusati per le operazioni di detenzione di massa degli uiguri di religione musulmana nella regione dello Xinjiang, nella Cina nordoccidentale.
Le sanzioni cinesi riguardano fra l’altro cinque deputati del Parlamento europeo, e il suo sottocomitato per i diritti umani.
“Con le sue sanzioni, la Cina ha sbagliato i calcoli. Dovrebbero imparare dai loro errori e ripensarci. A causa delle sanzioni della Cina, l’accordo globale sugli investimenti è stato congelato”, ha detto uno degli europarlamentari presi di mira da Pechino, il tedesco Reinhard Butikofer.
I deputati dell’Ue affermano che le sanzioni cinesi non si basano sul diritto internazionale, a differenza di quelle adottate dall’Unione, che – come quelle di Gran Bretagna e Stati Uniti – sono una reazione agli abusi dei diritti umani sanciti dai trattati delle Nazioni Unite. Pechino, da parte sua, ha sempre negato qualsiasi comportamento illecito nei confronti degli uiguri.
Con la risoluzione approvata giovedì, il Parlamento Europeo “chiede alla Cina di revocare le sanzioni prima di siglare [l’accordo di investimento]”. Il documento non è giuridicamente vincolante, ma stabilisce chiaramente la posizione ufficiale dell’assemblea, indicando che “le relazioni Ue-Cina potrebbero non continuare nel modo in cui sono andate finora”.
In risposta alla risoluzione, la missione cinese presso l’Unione Europea ha affermato che l’accordo di investimento è “reciprocamente vantaggioso” e non un “favore” fatto da una parte all’altra, aggiungendo che le sanzioni della Cina sono state una risposta legittima alle azioni dell’Ue.
“La Cina ha sempre promosso sinceramente la cooperazione bilaterale, e spera che l’Ue voglia incontrarci a metà strada”, ha scritto la missione cinese in una dichiarazione pubblicata venerdì sul suo sito web.
Questa impasse segna una battuta d’arresto sia per la Cina che per l’Ue. La ratifica del patto consentirebbe infatti una maggiore protezione degli investimenti europei e dei diritti di proprietà intellettuale in Cina. Dal canto suo, la Cina sperava di ricavarne una migliore reputazione internazionale come partner commerciale equo e rispettoso, affermano alcuni diplomatici europei.
Attivisti ed esperti di diritti delle Nazioni Unite affermano che almeno 1 milione di musulmani sono detenuti nei campi nello Xinjiang. Gli attivisti e alcuni politici occidentali accusano la Cina di ricorrere a pratiche come la tortura, il lavoro forzato e le sterilizzazioni di massa. La Cina, invece, nega qualsiasi violazione dei diritti nello Xinjiang, e sostiene che i suoi campi di rieducazione forniscono formazione professionale e sono necessari per combattere l’estremismo.
Schizofrenia?
Le posizioni dell’Ue nei confronti della Cina sembrano oscillare dall’entusiasmo all’ostruzionismo. Mercoledì l’Euipo, l’Ufficio dell’Ue per la proprietà intellettuale, ha annunciato l’inclusione dei marchi cinesi in TMview, il database comune della proprietà intellettuale (IP) che include tutti i marchi registrati dei 75 uffici di IP partecipanti.
L’EUIPO ha definito l’accordo “una pietra miliare nelle relazioni commerciali Ue-Cina” e “un passo avanti nella trasparenza del sistema dei marchi internazionali, che incorporerà circa 32 milioni di marchi cinesi”.
Il direttore esecutivo dell’Euipo, Christian Archambeau, ha affermato che la mossa aiuterà le imprese cinesi ed europee, di tutte le dimensioni, comprese le piccole e medie imprese che stanno affrontando sempre di più i mercati globali.
TMview contiene le domande di marchio e i marchi registrati di tutti gli uffici nazionali di Ip dell’Ue, dell’Euipo e di una serie di uffici partner internazionali dei paesi extra-Ue.